Atelofobia, il freno alla crescita personale e professionale

Atelofobia, il freno alla crescita personale e professionale

Atelofobia, una parola complessa, e spesso sconosciuta, per definire una paura condivisa da molte persone: la paura di non essere abbastanza, di non essere all’altezza. 

A tutti noi sarà capitato almeno una volta nella vita di sentirsi inadeguati, non a nostro agio, non all’altezza di una situazione, magari all’interno di un nuovo contesto lavorativo, in mezzo a persone con background diversi dal nostro, in una competizione sportiva, in una relazione.

Varie sono le situazioni, varie le ragioni sia nella sfera privata sia in quella professionale, ma comune il risultato: ansia, stress, frustrazione. 

L’influenza dei media

Nella società moderna e interconnessa in cui ci troviamo, fluttuiamo in un ambiente digitale, e non solo, in cui i social media e i media in generale, influenzano prepotentemente la nostra quotidianità.

Infatti, se da un lato i social media ci hanno dato la possibilità di condividere momenti della nostra vita con il mondo intero, dall’altro hanno anche creato una cultura dell’apparire, in cui le persone tendono a mostrare solo il meglio di sé stesse, creando una versione idealizzata di sé e della propria realtà. 

In tale contesto la costante ricerca di approvazione attraverso i “mi piace” e i commenti ai post ha portato ad una dipendenza da feedback positivo, con un effetto devastante sulla fiducia in noi stessi quando l’approvazione non arriva.

I media, inoltre, irrompono nelle nostre case e all’interno del nostro nucleo familiare bersagliandoci di immagini, video, storie, reel, news su persone esteticamente perfette, su storie di successo conseguito in modo celere e senza grandi fatiche, su carriere straordinarie, su stili di vita a dir poco irraggiungibili, su relazioni idilliache, il tutto ingannandoci e facendoci sentire inadeguati rispetto a tali standard.

Questa pressione costante ci porta ad aderire a modelli irrealistici di bellezza, di successo e felicità e a una ricerca incessante di approvazione sociale, creando in tutti noi un forte senso di inadeguatezza e frustrazione con effetti negativi sulla nostra salute mentale e sul nostro benessere.

Ma se per molti di noi questo è uno stato temporaneo, transitorio, per alcuni questa condizione diventa a tal punto accecante, da rendere difficile – se non impossibile – affrontare la realtà quotidiana e l’esistenza stessa.
Per queste persone entra in gioco la convinzione di commettere errori in ogni cosa che fanno o dicono e questo è il caso in cui la semplice paura diventa patologia. 

Atelofobia, significato

La parola “atelofobia” deriva dai termini greci “atelés” (imperfetto, incompleto) e “phóbos” (fobia o paura) e può essere tradotta come “paura dell’imperfezione”.

L’atelofobia è identificata come un disturbo d’ansia che si traduce in un costante timore di non essere adeguati o abbastanza capaci nello svolgere qualsiasi tipo di attività sia nella sfera professionale sia in quella personale.
Ogni situazione viene percepita da chi ne è affetto come troppo complicata e perciò inaffrontabile.

Le persone affette da atelofobia hanno aspettative esagerate, si sforzano intensamente di raggiungere la perfezione, si pongono obiettivi impossibili e inevitabilmente rimangono deluse per il fatto di non poterli conseguire.
Sono convinte che qualsiasi idea, convinzione, azione o parola pronunciata sarà “sbagliata” e  avrà conseguenze “irreparabili”.

Tutto ciò rende queste persone estremamente autocritiche, pressoché prive di autostima e fa sì che siano pervase da un costante senso di frustrazione e disagio. Si ritrovano all’interno di un circolo vizioso che si autoalimenta.

Come riconoscere l’atelofobia

La paura persistente di non essere all’altezza si manifesta in vari modi.

Chi è affetto da atelofobia cerca incessantemente l’approvazione degli altri.
È costantemente preso da sé stesso e dalla ricerca della propria perfezione, anche a scapito della propria effettiva produttività. Cerca di migliorare continuamente le proprie conoscenze e competenze.  
Si spinge continuamente al limite delle proprie facoltà fisiche e psichiche.

Allo stesso tempo, a causa però dell’incessante paura di non essere abbastanza che lo affligge e della necessità di avere tutto sotto controllo, l’atelofobico evita tutte le situazioni in cui potrebbe essere giudicato o criticato. Così facendo, rinuncia velocemente a progetti, sfide e opportunità che potrebbero, invece, portarlo ad una effettiva possibile crescita personale e professionale.
Spesso queste persone vivono immobilizzate in uno stato di costante”paralisi”, in cui, nei casi estremi, anche il semplice gesto di fare una telefonata o parlare con estranei può provocare frustrazione, ansia o addirittura attacchi di panico e depressione.

Affrontare e superare l’atelofobia

L’atelofobia può limitare pesantemente la vita di chi ne è affetto. Può influenzare le relazioni personali e professionali dell’individuo e nei casi più gravi può portare anche alla perdita del lavoro o alla fine di una relazione affettiva. 
Affrontare la paura dell’imperfezione, del non sentirsi abbastanza è un processo che richiede accettazione e consapevolezza di sé stessi come esseri umani imperfetti, ma in continua crescita.
Riconoscerne i sintomi prima che sia troppo tardi è di fondamentale importanza.

Ricorrere a professionisti della salute mentale nei casi più gravi o lavorare con un coach, nei casi meno gravi, potrebbe essere d’aiuto.

Il coach, infatti, è in grado di: affiancare il coachee attraverso un percorso di riconoscimento e accettazione delle proprie convinzioni limitanti, aiutare il coachee a conoscere e accettare i propri punti di forza e di debolezza, portare il cliente ad imparare che commettere errori fa parte del percorso di crescita personale di ciascuno di noi. 

Il coaching è un percorso verso una vita più equilibrata e soddisfacente, apre a nuove prospettive e amplia la consapevolezza critica di ciò che si vede e condivide, si concentra sullo sviluppo e sugli obiettivi personali, piuttosto che sul confronto con gli altri.
Il coach aiuta a comprendere che concentrarsi sulle proprie passioni, interessi e talenti può portare a una maggiore soddisfazione e autostima.

In conclusione, educare le persone, in particolare i giovani, a sviluppare una consapevolezza critica dei media e di ciò che li circonda può aiutare a contrastare gli effetti negativi dei modelli di perfezione, può aiutare a superare la paura dell’imperfezione e dell’inadeguatezza.

Promuovere una cultura dell’accettazione, dell’autenticità, dell’imperfezione e della diversità condividendo esperienze vere e autentiche, potrebbe essere la ricetta per contrastare la ricerca ossessiva della perfezione che si è diffusa negli anni. 

“Non c’è luce senza ombre e non c’è pienezza psichica senza imperfezioni. La vita richiede per la sua realizzazione non la perfezione, ma la pienezza. Senza l’imperfezione non c’è né progresso né crescita.” 
Carl Gustav Jung

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