In ogni relazione amorosa, nella quale, rispetto a tutti gli altri rapporti umani, si sperimenta un livello profondo di intimità, emerge prepotente una parte di noi della quale non sempre si aveva la percezione. Il partner o la partner sono uno specchio esaltante nel quale vediamo riflessa, a volte per la prima volta, una nuova immagine di noi stessi.
Sembrerà paradossale, ma si potrebbe dire che oltre ad innamorarci di lui o di lei, ci innamoriamo prima di tutto della nostra nuova immagine accanto a lui o a lei. E’ come aprire una porta che svela un lato nuovo di noi stessi e solo “quella persona” ne ha le chiavi di accesso. Ci si affeziona a questo nuovo protagonista che vive in noi e quando lo abbiamo ben conosciuto e lo diamo ormai per scontato, può succedere che scopriamo la voglia di esplorare nuove strade, riparte così la nostra spinta evolutiva, un processo difficile da bloccare. Si ha bisogno di nuovi stimoli, non necessariamente amorosi, possono anche venire dagli amici, da un lavoro appagante, da esperienze ludiche, sportive o culturali. Se per caso il partner o la partner impediscono questa nuova trasformazione, allora iniziano i guai. E’ come impedire ad un figlio adolescente di uscire con gli amici la sera: scoppia la guerriglia perenne.
Quanto più è “evoluta” la persona al nostro fianco, tanto più sarà in grado di agevolare il nostro cammino, la nostra crescita. Guarderà forse con sorpresa, ma con ammirazione la nostra voglia di sviluppare nuove idee, di esplorare nuovi percorsi, di fare scelte anche professionali apparentemente azzardate. Ma se il compagno o la compagna di vita hanno bisogno di rassicuranti certezze, legate al consueto, al quotidiano, per sentirsi sereni, ecco che il minimo cambiamento diventa una minaccia, suscita immediate reazioni di disapprovazioni e si tende a mantenere tutto allo stato rassicurante della calma piatta.: “Ma come ti viene in mente, ma lascia perdere, ti rendi conto a che cosa andresti incontro? Non ti riconosco più! Ma allora io non ti basto più, non mi ami più!” Ecc., ecc. Arrivano anche i pesanti sensi di colpa, geniali metodi che la storia dell’umanità ci ha trasmesso per paralizzare le persone dal fare e dal cambiare.
L’altra metà del cielo non si completa attraverso l’uomo o la donna dei nostri sogni (da leggere l’ultimo libro di Fabio Volo “Un posto nel mondo”), ma con la piena realizzazione di noi stessi. Un traguardo questo, che rende liberi di amare le persone per quello che sono e non per quello che rappresentano, svincolati dal “bisogno” di lui o di lei. La vicinanza alla persona che amiamo ci fa star meglio, ma non è vitale per il nostro benessere. Solo noi stessi abbiamo questo potere. Molte persone delegano la propria felicità alla presenza del marito, moglie, fidanzato, fidanzata, amico o amica. E’ come costringere un fiume in piena nel bacino di una piccola diga e pretendere che le acque stiano lì eternamente quiete. Il nostro ruscello deve essere libero di trasformarsi in fiume, di sopportare la piena dopo un nubifragio e di riposarsi in un ansa tranquilla, di riprendere energia nelle rapide prima di trasformarsi in una potente cascata. Se bloccato, il corso di un fiume inonderà interi territori in maniera imprevedibile e facendo danni incalcolabili.
“Gli uomini sono come i fiumi… ed ogni fiume a tratti si restringe, a tratti scorre più velocemente, qui rallenta, là si allarga, ora è limpido, ora è freddo, ora è torbido, qua ha invece le acque quasi tiepide”. (L. Tolstoj)
Giovanna Giuffredi