Si sono dati il tempo di una settimana per iniziare a trasformare il loro sogno in un progetto. Li ho incontrati il 1° dicembre a Bari, l’occasione era Brian at Work, l’evento decennale che fa incontrare i giovani con le aziende. Si sono presentati in massa i giovani pugliesi, laureati e laureandi, chi con il massimo dei voti, chi con tante piccole esperienze lavorative che arricchiscono i loro cv. Tutti con la speranza di trovare un lavoro.
Trovarlo o crearlo? Abbiamo ragionato insieme sulle logiche decisionali, hanno esplorato vie consuete e si sono permessi di immaginare strade alternative, attraverso giochi d’aula, hanno verificato che la realtà ha sfaccettature insospettabili. I ragazzi che si sono presentati poi per una sessione di career coaching individuale hanno accettato una sfida: trasformare un sogno in un progetto. I nomi che userò sono fittizi, ma le loro storie sono vere. Mara si è diplomata all’Accademia di Belle Arti, una passione la sua, ma ne parla come di un vecchio amico che ormai si è trasferito in un’altra città e tanto vale dimenticarlo. Ne parla con affetto, con rimpianto. “L’arte? Una vecchia passione, ma di sicuro non ti fa mangiare. Certo un sogno ce l’avrei…”. Le chiedo di parlarmene, senza vincoli né convinzioni limitanti. Mi descrive un piccolo locale, una libreria d’arte, immagina le persone che vengono ad acquistare o a consultare libri, testi, a fare ricerche anche su internet. Mi descrive l’ambiente, gli arredi, vede in un angolo anche un piano bar per ordinare un caffè o bere una tisana. La sola idea di condividere la sua passione per l’arte le illumina gli occhi. Potrebbe essere un punto di riferimento per studenti, giovani ma anche per anziani, persone che riscoprono il gusto di dedicare il tanto tempo libero ad interessi accantonati.
Lucia sta terminando gli studi per diventare traduttore tecnico-scientifico, ma è molto scoraggiata, “Non troverò mai un lavoro in questo campo, è un giro chiuso e io non conosco nessuno”. Le mancano solo tre esami per concludere, ma ha perso ogni motivazione, sono mesi che i libri restano chiusi su un tavolo. Le chiedo per che cosa varrebbe la pena di riprendere in mano i suoi libri, di impegnarsi ad andare a fondo.
Mi dice che è molto ambiziosa, che nei suoi sogni vede un’agenzia specializzata nella traduzione di testi scientifici, di supporto ad aziende, a medici e a studenti. Le piacerebbe anche insegnare… vorrebbe dirigere una scuola di specializzazione per traduttori tecnico-scientifici… Nella sua mente si profila la struttura di un centro operativo che offre servizi di traduzione e può contare sui professionisti che vengono formati nella scuola interna. Un modo per facilitare lo sbocco lavorativo e semmai offrire tirocinii sul campo, quello che a lei è mancato.
Donatella vuole realizzarsi come progettista della formazione e il suo obiettivo per ora è acquisire tecniche, strumenti, metodologie innovative, materiali didattici, vuole specializzarsi, “Ma la formazione costa, ci saranno finanziamenti e borse di studio?”. E poi Marco che vorrebbe trovare un’azienda dove fare uno stage, Stefano che sogna di lavorare come interior designer,
Carmen starebbe tutto il giorno a fare ricerche di laboratorio…
Ognuno di loro inizialmente con l’idea che tanto è inutile seguire le passioni, ma si sono resi disponibili a valutare concretamente un sogno prima di gettarlo nel cassetto del dimenticatoio. E così tutti hanno accettato la sfida di tentare la trasformazione del sogno in un progetto. Hanno concluso le nostre sessioni con la definizione di un piano d’azione per avere nuovi elementi concreti di riflessione.
Dalle e-mail che ho ricevuto leggo che hanno visitato il sito della Regione, della Provincia e del Comune per cercare forme di finanziamento per l’imprenditorialità giovanile e femminile, hanno contattato enti che finanziano progetti imprenditoriali, altri che offrono gratuitamente corsi per capire come costruire un business plan per muoversi in tal senso.
Hanno deciso di proporsi ad aziende locali per fare un tirocinio, hanno esplorato l’ipotesi di fare esperienze all’estero e, infine, hanno letto e sottolineato le pagine di quei libri che giacevano inermi sul tavolo.
Hanno ritrovato quella motivazione che li ha spinti ad intraprendere gli studi che hanno scelto e che merita di essere ascoltata per poter almeno dire: “Ho fatto tutto quello che era nelle mie possibilità”.
Giovanna Giuffredi