Pierluigi è un ingegnere che lavora in una grande azienda multinazionale. A inizio di una sessione ha esordito con queste parole:
“Sono spesso fuori nei cantieri. Il mio problema è che ho un referente in un paese estero, giovane e molto pieno di sé. Ha poca esperienza ed è molto presupponente. Non accetta il mio ruolo di consulente e fa di tutto per mettermi in difficoltà. Vorrei aiutarlo, trasferirgli la mia esperienza e fargli capire che sarebbe meglio per tutti, collaborare.”
Le intenzioni di Pierluigi sembrano buone. Vuole solo andare d’accordo con il suo giovane referente, ma i suoi tentativi cadono nel vuoto, i suoi sforzi sembrano che facciano l’effetto opposto. Quando gli ho chiesto quale fosse il valore di questo giovane per essere diventato un referente di un consulente senior, ha cominciato ad elencare una serie di competenze di alto profilo di questa persona, nonostante la scarsa esperienza specifica. Inoltre, si è reso conto che la sua presupponenza forse vuole mascherare una insicurezza di fondo.
In una delle sue missioni all’estero, ha provato ad osservare il suo giovane referente e ad ogni occasione che si presentava, valorizzava il suo lavoro e le sue decisioni, dandogli dei feedback positivi e costruttivi. Ha smesso di volergli insegnare qualcosa, ma ora lo deve fare suo malgrado, in quanto il referente gli chiede direttamente aiuto quando serve. Ora la sera vanno a bere una birra insieme dopo il cantiere.
In questo caso la strategia funzionale si è basata sull’osservazione dell’interlocutore, sul riconoscimento esplicito delle sue qualità e sulla decisione di non imporre le proprie scelte professionali, ma lasciando lo spazio per ascoltare quelle altrui. La mossa vincente è stata abbandonare l’atteggiamento competitivo, per abbracciare una filosofia win win.
Giovanna Giuffredi
Tratto da: Coaching Time