Il giorno della memoria

I nostri valori sono fonte di ispirazione, sono sostegno delle nostre azioni, sono simbolo della coerenza che rinforza l’identità personale. La forza del sistema valoriale è responsabile di gesta coraggiose, di imprese memorabili, di sacrifici personali per il bene comune. Ma gli stessi valori possono anche essere causa scatenante dei crimini più efferati.

La nostra storia ne è testimone, il nostro recente passato ne è una drammatica prova. Il 27 gennaio si celebra il giorno della memoria della Sohah. Sei milioni di ebrei sono stati barbaramente perseguitati e trucidati dal fanatismo razzista in nome di valori e convinzioni deliranti. E furono sterminati anche migliaia di persone per il colore della loro pelle, per la loro identità sessuale per l’appartenenza a un popolo. Ancora oggi in molte, troppe, parti del mondo di commettono omicidi e crimini sulle persone in nome di “valori”, che siano religiosi, economici, sociali o altro.

Ma negli stessi contesti ci sono sempre state e ancora oggi ci sono persone che combattono al fianco dei perseguitati, che si oppongono ai progetti di sterminio, mettendo a rischio la propria vita per proteggere e salvare quella di altre vite. E il 27 gennaio si celebrano anche gli eroi del bene della nostra storia.

È l’atavica e drammatica lotta tra bene e male. Freud parlava di Eros e Thanatos, la pulsione dell’amore contro quella della morte. Sono spinte potenti e tangibili in ciascuno di noi, sono lì a portata di mano, basta poco per incoronare l’una o l’altra via, come padrona condizionante del nostro agire.

Viviamo costantemente nel conflitto e nella responsabilità di operare delle scelte che celebrino il bene o il male. Lo spettro attraverso il quale osserviamo la realtà ci condiziona fortemente. Visioni parziali, deformate, oscurate, ci impediscono di avere una lettura chiara e trasparente di quanto ci circonda.

Le esperienza della nostra vita creano interiormente una rete intricata di convinzioni che possono essere altamente limitanti. Convinzioni che diventano filtri devianti della nostra attenzione. Impariamo a notare solo certe cose e non altre, a fare pericolose generalizzazioni per avvalorare le nostre convinzioni. Nel nostro lavoro di coach non possiamo certamente interferire con gli impianti valoriali delle persone.

Il nostro codice etico ci impone totale rispetto per i sistemi di riferimento dei nostri clienti. Ma è nostra responsabilità aiutarli ad avere una visione più ricca della realtà, ad ampliare le prospettive, a vedere con nuovi occhi situazioni problematiche che col tempo diventano così meno conflittuali, addirittura fonte di opportunità. Il coaching può essere una via per aiutare le persone ad abbracciare la dimensione del rispetto dei punti di vista diversi, può essere una via etica alla valorizzazione delle differenze, un mezzo tra i tanti, per riconoscere e celebrare il diritto alla vita in tutte le sue forme.

Giovanna Giuffredi

Tratto da: Coaching Time

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