EFFETTI DELLA COMUNICAZIONE ECOLOGICA IN AZIENDA

Su Job Talk del Sole 24 ore – Effetti della comunicazione ecologica in azienda, di Giovanna Giuffredi.

http://jobtalk.blog.ilsole24ore.com/jobtalk/2010/02/jobcoach-effetti-della-comunicazione-ecologica-in-azienda.html#more

Un’azienda informatica di medie dimensioni, un gruppo di 15 uomini, tutti tecnici alle prese con la tematica della comunicazione e del coaching. Un percorso formativo di 16 giornate, lezioni teoriche ed esercitazioni in aula, integrate da sperimentazione on the job, per verificare l’effetto dei contenuti trattati in aula, sul campo.
Argomenti nuovi per tutti. All’inizio prevale lo scetticismo, resistenza in alcuni, aria di sufficienza in altri, ma con il tempo gli atteggiamenti si trasformano. Da una nuova disponibilità ad apprendere, si percepisce prima la curiosità, poi un velato interesse e infine oserei dire un salto evolutivo. Un cambiamento  “ecologico” verso il benessere personale e aziendale frutto della disponibilità a mettersi in gioco e della consapevolezza dei partecipanti, che hanno deciso di sperimentare nuove modalità di relazione con colleghi e superiori e di valutarne i risultati.
Le loro parole sono la testimonianza diretta di come interventi relativamente poco impegnativi per l’azienda abbiano  un ritorno sulla qualità delle relazioni e dei risultati sia in ambito privato che professionale.

Una partenza all’insegna dello scetticismo, dovuta probabilmente al fatto di ritenere più utili altri tipi di corsi (inglese per citarne uno). Ho avuto alcuni dubbi sull’applicabilità delle nozioni ricevute, in quanto in alcuni casi possono ad andare a cambiare in maniera sostanziale il modo di approcciarsi con gli altri, maturato negli anni e considerato abbastanza efficace. Fatto sta, che ho avuto diversi riscontri di un tentativo, che dopo un inizio balbettante si è rivelato spontaneo, naturale, di applicare l’ascolto. Una cosa appare lampante, eravamo già un gruppo ma ora lo siamo di più, ne siamo più consapevoli, da ognuno di noi traspare il percorso effettuato. Sicuramente molti concetti già li applicavamo, ma ora diamo loro il giusto valore e il giusto peso. Mai e poi mai avrei pensato che questi incontri potessero interessarmi e stimolarmi in questa maniera. In un momento di demotivazione professionale, ho ricevuto una scossa interiore molto forte, che mi ha fatto valutare attentamente la situazione attuale e a pormi una serie di obiettivi che andrò adesso ad affrontare singolarmente stilando fasi, tempi e priorità di raggiungimento degli stessi.”

Gli argomenti che sono stati toccati, seppur molto distanti dal mio tipo di cultura prevalentemente tecnica, hanno rappresentato un’autentica sorpresa per me e, molto onestamente, non mi sarei mai aspettato di venirne coinvolto in modo così intenso e personale. I primi tentativi sono stati goffi e lenti, ma ho visto che mano a mano è diventato molto più semplice farli diventare parte integrante di un nuovo modo di essere, è un po’ una questione di “allenamento”. Procedendo a piccoli passi, ho iniziato ad agire in maniera diversa, concedendo spazi sempre maggiori alle situazioni poco allettanti fino ad arrivare a quello che considero un giusto compromesso tra attenzione/ascolto e il rispetto per le mie esigenze. Ho notato che il pregiudizio in questo caso gioca un ruolo molto importante ovvero, porsi all’ascolto con un bagaglio di riserve mentali rappresenta un ostacolo notevole e spesso mi porta a generalizzare e ad emettere un giudizio/sentenza ancor prima di giungere al termine del colloquio. Superare questo ostacolo ha significato per me aprire la mente, imparare ad accettare il fatto che esistono opinioni anche diametralmente opposte alle mie e che tenerne conto, ha solo dei vantaggi. Penso all’assertività come ad uno stadio più evoluto a cui tendere, un vero e proprio stile di vita,  un abito che non può essere indossato solo per le grandi occasioni. Orientarsi verso un traguardo simile richiede senza dubbio un impegno molto elevato ma il risultato sicuramente ne vale la pena.
Il grosso del lavoro da svolgere è proprio su noi stessi, perché noi siamo i primi responsabili della nostra comunicazione. Saper individuare i nostri pregiudizi, imparare ad ascoltare, avere sempre presente i “filtri” che intervengono ogni volta che comunichiamo, tenere conto delle differenze con le altre persone (culturali, ideologiche, emozionali ecc…), tutto questo ci apre la porta verso le altre persone. Gli argomenti trattati alla fine fanno tutti parte di un disegno generale più ampio, che se ben assimilati e messi a frutto nel modo giusto contribuiscono allo sviluppo armonico delle persone.”
“Già dalle primissime lezioni, mi colpiscono immediatamente le difficoltà insite della comunicazione. La quantità di informazioni che vengono perse tra il messaggio che intendo trasmettere e quanto, in realtà arriva (e trattiene) al mio interlocutore. Quando l’argomento trattato non suscita il mio interesse, faccio fatica ad ascoltare. Scopro l’importanza del feed-back. Avere evidenza di quanto è stato recepito del mio messaggio, diventa fondamentale per realizzare una comunicazione efficace. Sperimento la responsabilità degli effetti della mia comunicazione. Mi impegno a liberarmi dai pregiudizi che compromettono l’esito della comunicazione, cogliendo gli aspetti positivi celati nella “diversità” degli altri. Ho compreso il senso di definire la Vision (cosa si intende raggiungere) e della Mission (come)
.”

All’inizio mi sono trovato abbastanza impreparato, avendo esercitato un’altra modalità di comunicazione per anni. E’ molto difficile porsi in modo assertivo. E’ difficile anche saper gestire le nostre emozioni come è altrettanto difficile cambiare la nostra opinione. Un difetto che ho è quello di non far terminare l’altro cercando di interpretare, secondo il “ mio modo “, il messaggio che l’altro sta dandomi; a volte mi metto in un ascolto parziale e a volte anche con preconcetti. Ho sperimentato l’efficace di ascoltare l’altro con una verifica continua per capire se si procedo nella giusta direzione. Ho compreso che quello che conta è effetto della mia comunicazione, in base alla risposta che ottengo.  In caso negativo cerco di capire le cause che hanno generato questa risposta. Sicuramente una comunicazione efficace è a vantaggio di tutti, nella vita privata e in azienda.”
“All’inizio di una negoziazione tendevo ad essere abbastanza conflittuale, ora capisco che le soluzioni concordate portano ad un risultato superiore a quello da me pensato e sono soddisfatto perché quello che conta è appunto il risultato come lavoro di gruppo. La negoziazione deve essere centrata ad un risultato in cui non ci siano vincitori o vinti ma dove tutti siano soddisfatti dell’esito finale.

Ciò che è cambiato è una maggiore fiducia in me stesso e nelle mie capacità comunicative, attualmente ho maggiori strumenti da utilizzare per cercare di effettuare una buona comunicazione. Ho ricevuto feedback espliciti dalle persone che mi circondano ( in ufficio, In famiglia, nella vita di tutti i giorni ), sono molto più sereno e consapevole dei miei mezzi. Ho riscontrato una notevole riduzioni delle situazioni di conflitto e una maggiore soddisfazione personale e altrui. Ho la piena consapevolezza che per rendere automatici determinati comportamenti, per modificare determinati atteggiamenti, devo ancora lavorarci costantemente senza mai perdere di vista l’obiettivo che mi sono posto.”
“Ho apprezzato l’approccio del coaching che implica applicare efficacemente la comunicazione. E’ necessario sapere ascoltare, e quindi sapere leggere tutti i segnali che arrivano dal nostro o dai nostri interlocutori, ma anche è necessaria una lucidità nel fare domande per indirizzare e soprattutto far emergere le reali potenzialità e necessità degli altri. Inoltre in un coaching di gruppo deve anche emergere la capacità di costruire un team utilizzando tutte le potenzialità di ciascun componente e possibilmente tutti i punti di forza. Ma la motivazione principale del mio interesse per il coaching risiede probabilmente nell’utilizzo pratico, diretto e verificabile con risultati inequivocabilmente oggettivi.”
“Ho individuato con precisione l’obiettivo: “Creare” un gruppo di lavoro. Cioè diffondere una coscienza di collaborazione reciproca e disponibilità in ogni singolo elemento del gruppo. Con questa affermazione ho di fatto spostato il livello di attenzione dal “gruppo” , alle “singole persone”. (il contrario forse è stato uno dei motivi del mio fallimento iniziale!)
Ho definito le azioni:
1. ascoltare con attenzione le esigenze dei componenti del gruppo
2. valorizzarne la diversità
3. diffondere un clima di fiducia
4. rafforzare in alcuni casi, l’autostima
5. valorizzare i risultati raggiunti
6. trarre, dagli errori fatti, il valore aggiunto dell’esperienza
Ho definito le mie aspettative: soddisfazione personale nel vincere questa sfida
Ho definito i risultati (raggiungibili entro un anno) che saranno condivisi dal gruppo:
– serenità (qualità della vita nell’ambiente lavorativo)
– rendimento
Quando inizierò a notare una “diffusa collaborazione” all’interno del gruppo (attualmente evidenzio spesso situazioni di “conflittualità” all’interno del gruppo), avrò evidenza (esterna) del raggiungimento dell’obiettivo,
A questo punto non mi resta che definire quale sarà il primo passo da attuare per portare a termine quanto mi sono prefisso. Sulla base dell’esperienza pregressa, ho intenzione di spostare la mia attenzione sui singoli anziché sul gruppo. Ho quindi individuato la prima “cavia” su cui lavorare. Se i risultati risulteranno accettabili, estenderò la singola esperienza a tutto il gruppo.
Sono confidente nella nuova strada intrapresa, cosciente ormai di avere la consapevolezza che, ogni mio comportamento, possa indurre cambiamenti nelle persone con cui mi trovo ad interagire
”.

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